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Intervista #5 – Luca Lampariello e i dialetti e accenti italiani, prima parte

April 18, 2017 00:00 15.53 MB Downloads: 0
https://podcastitaliano.com/wp-content/uploads/2017/04/episodio-3-parte-1.mp3 DOWNLOAD Benvenuti su Podcast Italiano, questa è la terza intervista o conversazione che ho fatto con Luca Lampariello, un poliglotta italiano come me, romano, straordinario. Il tema della conversazione di oggi sono i dialetti italiani. Ho deciso di dividere l’intervista in due parti perché era venuta davvero lunga, e in questa prima parte parliamo dei dialetti in generale, della differenza tra dialetto e lingua, del romanesco, che se non è un vero e proprio dialetto è comunque una parlata, un modo di parlare italiano e Luca ce ne dà qualche esempio, essendo lui di Roma. Inoltre parliamo dell’influenza dei dialetti sulla lingua italiana. Spero possa piacervi l’episodio e vi auguro buon ascolto. D: Ciao Luca, grazie di essere di nuovo con noi su Podcast Italiano! L: Ciao Davide, come stai? D: Molto bene, tu? L: Anche io benissimo, è arrivata la primavera e sono molto contento, anche se in realtà tra poco vado a Berlino e quindi cambio aria, un po' più fresca… proprio quando arriva un po' d’aria calda qua, ma insomma sono contento lo stesso. Si sta “una bomba” (awesome), come si dice. D: Una bomba, una bomba… per parlare di dialetti. Vabbè, “una bomba” è abbastanza universale in Italia. L: Si, penso proprio di sì. D: Sì, oggi appunto parliamo di dialetti, che si possono definire come una delle “stranezze” (peculiarities - peculiarità) della situazione linguistica italiana, qualcosa che genera anche dei problemi per gli stranieri che vengono da noi e che imparano l’italiano. Appunto, abbiamo tantissimi dialetti ed è spesso difficile spiegare a uno straniero che cosa vuol dire dialetto, perché il loro concetto è diverso dal nostro: per noi i dialetti sono lingue diverse, penso al concetto.. non so, un americano intende qualcosa di completamente diverso con “dialect”. Volevo chiederti, qual è il tuo rapporto con i dialetti e come spieghi anche agli stranieri appunto questa peculiarità nostra. L: Allora, innanzitutto vorrei dire che il concetto di dialetto e il concetto di lingua sono inseparabili l’uno dall’altro, nel senso che un dialetto può essere anche visto come una lingua a seconda di come si vedono le cose, quindi le cose sono un po' più complicate da definirsi. Hai detto una cosa interessante, che “dialetto” in altre lingue come l’inglese significa anche “accento”, non necessariamente “dialetto” in termini di una versione locale della lingua, no? D: Sì. L: E in realtà “dialetto” deriva proprio dal greco “diàlektos”, che all’inizio significava “conversazione” e poi anche “lingua di un determinato popolo”. La parola dialetto viene usata per la prima volta nel 1724 da un certo Anton Maria Salvini e ti cito, perché sto leggendo qui da questo “L’italiano: conoscere e usare una lingua formidabile” che è una serie. Scrive: “I vostri natii dialetti vi costituiscono cittadini delle vostre sole città. Il dialetto toscano appreso da voi, ricevuto, abbracciato (here meaning "embrace", not "hug"), vi fa cittadini d’Italia”, nel senso che l’Italia per la sua storia è una serie di regni, quasi, è una serie di stati, di regni che poi sono diventati 160 e più, anni fa - nel 1861 l’Italia si è unificata e la cosa interessante è che 100 anni fa, un po' più di 100 anni fa, la percentuale di persone che parlavano l’italiano, come lo stiamo parlando io e te, era il 2% della popolazione: tutti gli altri parlavano un dialetto, quindi una forma locale. Quindi, il motivo per cui ancora in Italia si parlano tanti dialetti è perché viene dalla nostra storia e il motivo è semplicemente che noi eravamo una serie di stati che poi si sono uniti  e ogni stato aveva… ogni stato, ogni regno, il Vaticano stesso, le entità politiche, “geopolitiche” si sono poi aggregate ed erano tutte diverse, quindi un romano parla in un modo diverso da un fiorentino che parla in un modo diverso da un torinese, eccetera eccetera. Quindi l’Italia ha una varietà dialettale enorme,