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Avanzato #6 – Dante e l’incipit dell’Inferno

November 25, 2016 00:00 14.35 MB Downloads: 0
Benvenuti su Podcast Italiano. In questo episodio vi leggerò l'incipit (beginning, first words of a text) dell'Inferno, il primo libro della Divina Commedia di Dante. La Commedia, meglio conosciuta come Divina Commedia è un poema composto da Dante Alighieri probabilmente dal 1306 al 1321. Gli studenti italiani sono obbligati a studiarla, ed è sicuramente l'opera letteraria più importante nella letteratura italiana e una delle più importanti al mondo. Ci sono 100 canti (a canto is the  principal form of division in a long poem), ovvero capitoli, 34 nell'Inferno, 33 nel Purgatorio e 33 nel Paradiso. Questi sono i 3 regni che Dante visiterà, incominciando appunto dall'Inferno. Oggi leggeremo i primi 27 versi del primo Canto dell'inferno, che è un'introduzione all'opera. L'incipit è forse il passaggio più importante della letteratura italiana. Non sono un esperto di letteratura, ma penso che quasi ogni italiano conosca i primi versi, i primi passi . Nell'incipit Dante si ritrova in una selva oscura, ovvero una foresta. La foresta è allegoria, ovvero simbolo del peccato (sin) in cui si è smarrito (went astray), in cui si è perso. Dante ha perso la "retta via" (the righteous path), la via della virtù. Questo canto non è da prendere alla lettera (shouldn't be taken literally), la foresta, il mare, il colle di cui si parla non sono luoghi reali, sono solo simboli, allegorie (allegory = metaphor whose vehicle may be a character, place or event, representing real-world issues and occurrences). Infatti la vera storia, la discesa (descent) all'Inferno vera e propria,  inizia nel secondo canto. Incominciamo! Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura, ché la diritta via era smarrita. "Nel mezzo del cammin di nostra vita" significa nel mezzo, a metà della vita terrena, quindi in quell'epoca voleva dire  all'età di 35 anni. "Mi ritrovai per una selva oscura", ovvero mi trovavo in una foresta oscura, che è simbolo del peccato. "Ché la diritta via era smarrita", perché avevo smarrito,  perso la retta via, la giusta via, la via della virtù. Ahi quanto a dir qual era è cosa dura esta selva selvaggia e aspra e forte che nel pensier rinova la paura! "Ahi quanto a dir qual era è cosa dura", vuol dire "quanto è difficile descrivere a parole quanto "esta selva", quindi quanto questa foresta,  fosse "selvaggia, aspra, e forte", ovvero selvaggia, impervia (arduous). Quindi è una foresta selvaggia, difficile da descrivere a parole -  "che nel pensier rinnova la paura!", che mi mette paura solo a ricordarla, solo a ripensarci. Questa foresta, ovvero la sua "confusione mentale" era così selvaggia che solo la memoria lo impaurisce. Tant' è amara che poco è più morte; ma per trattar del ben ch'i' vi trovai, dirò de l'altre cose ch'i' v'ho scorte. "Tant' è amara che poco è più morte" significa era così tanto amara [questa selva], dura, che la morte lo è appena di più, la morte non è tanto peggio. "ma per trattar del ben ch'i' vi trovai," per trattare, ovvero per parlare, discutere, del bene che ho trovato in questo luogo, lì, " dirò de l'altre cose ch'i' v'ho scorte", parlerò delle altre cose che ho "scorto", trovato in quel luogo. Scorgere è simile a "guardare, vedere". Dante trova del bene, ovvero l'arrivo di Virgilio, che sarà la sua guida, e lo condurrà fino alle porte del Paradiso. Io non so ben ridir com' i' v'intrai, tant' era pien di sonno a quel punto che la verace via abbandonai. "Io non so ben ridir com' i' v'intrai", ovvero non so raccontare bene come sono entrato in questa foresta, "tant' era pien di sonno  a quel punto", dato che ero (in italiano antico si diceva era al posto di ero) così pieno di sonno, inteso come il sonno della ragione, della mente, "che la verace via abbandonai.", ho abbandonato la retta via, la via della verità. Dante era così confuso che non si ricorda come è entrato in questa selva allegorica. Ma poi ch'i' fui al piè d'un colle giunto,