Podcast Italiano è un podcast per aiutare chi sta imparando la lingua italiana attraverso episodi di vario genere e argomento.
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Raffaele Terracciano parla di Napoli - Interviste
Trascrizione:https://podcastitaliano.com/podcast-episode/9-raffaele-terracciano-parla-di-napoliIl mio ebook gratuito, ’50 modi di dire per parlare come un italiano’ Fai una donazione Fai una lezione di italiano su Italki e ricevi 10 $ in crediti Il mio canale YouTube Dai un’occhiata al merchandise (e se compri qualcosa puoi mandarmi una foto per email :D) Facebook Instagram
#9 Raffaele Terracciano parla di Napoli - Interviste
Trascrizione:https://podcastitaliano.webflow.io/podcast-episode/9-raffaele-terracciano-parla-di-napoliIl mio ebook gratuito, ’50 modi di dire per parlare come un italiano’: Fai una donazione: Fai una lezione di italiano su Italki e ricevi 10 $ in crediti Il mio canale YouTube: Dai un’occhiata al merchandise (e se compri qualcosa puoi mandarmi una foto per email :D) Facebook Instagram
Raffaele Terracciano parla di Napoli – Interviste
https://podcastitaliano.com/wp-content/uploads/2018/02/napoli.mp3 DOWNLOAD Ciao a tutti! Bentornati su podcast italiano. Oggi siamo di nuovo in compagnia di Raffaele Terracciano. Abbiamo già fatto un'intervista con Raffaele, divisa in due parti (parte 1 e parte 2), sulle sue esperienze linguistiche. Raffaele è un poliglotta eccezionale, che ha una storia interessante che potete riascoltare oppure ascoltare per la prima volta, se non lo avete già fatto. Ma oggi parliamo di Napoli: infatti Raffaele è napoletano, ama la sua città, è orgoglioso della sua città e inoltre la conosce molto bene in quanto è una guida turistica, e dunque di lavoro porta i turisti stranieri in giro per la città facendo i Free Walking tours, che sono molto di moda adesso in molte città europee e forse del mondo. Dunque Raffaele fa questo di lavoro, oltre che collaborare con il sito di apprendimento linguistico Italki. Oggi ci parla di Napoli. Nella seconda parte che uscirà successivamente invece e Raffaele ci parla proprio della lingua napoletana, dato che questo è un podcast linguistico, soprattutto. Ma oggi invece parliamo di Napoli, dunque buon ascolto! D: Ciao Raffaele Grazie per aver acconsentito a (agreed to) questa seconda intervista. R: Ciao Davide, è sempre un piacere! D: E oggi parleremo più nello specifico come avevamo promesso di Napoli, la tua città in cui ancora oggi vivi e del napoletano, che è la tua prima o seconda lingua madre. Parleremo anche di questo. Credo che siano entrambi argomenti di cui puoi parlare per ore. Cerchiamo di rimanere sintetici (brief) anche se sicuramente sono argomenti interessanti. Volevo entrare subito nel merito (go into the matter, start talking about) di Napoli, della città, chiedendoti che cosa ti fa venire in mente la parola Napoli, magari qualche aggettivo. Quali sensazioni, quali ricordi della tua infanzia.. non so, dimmi tu! R: Domanda subito così.. Partiamo fortissimi. Napoli è casa, Napoli è identità, Napoli è quello che sono, in un’unica parola. Non riesco a pensare a me stesso nato e cresciuto in nessun altra città. Ho città preferite in giro per il mondo, naturalmente, ognuna con i con i suoi pro e contro. Napoli una città molto particolare con una storia unica, oggi con i suoi problemi, ma io non vorrei essere altro che napoletano. D: Se dovessi chiederti proprio qualche qualche aggettivo, qualche immagine mentale, qualche ricordo..? R: Io ho sempre vissuto a Napoli, tranne una breve esperienza a Londra e un'esperienza un po' più lunga a Roma, quindi effettivamente la stragrande maggioranza dei miei ricordi, la quasi totalità (=quasi tutti) (dei miei ricordi) sono legati alla città di Napoli, soprattutto per quanto riguarda l'infanzia, l'adolescenza. Al di là delle vacanze estive tutti i miei ricordi sono legati alla città, quindi mi viene difficile estrapolare (extrapolate, tirare fuori) qualcuno che è particolarmente legato alla città di Napoli. Per me tutti i miei ricordi in un modo o nell'altro sono legati a Napoli. Ecco, ti posso dire quella sensazione di quando sei fuori per magari periodi un po' più lunghi che non siano per vacanza.. è una sensazione che sicuramente provano in tanti emigrati che vanno in altre parti del mondo, in altre parti d'Italia, per magari lavorare, cercare una nuova carriera. Tu puoi lasciare Napoli ma Napoli non lascia te, nel senso che c'è sempre questo richiamo (call) fortissimo. È la città della famiglia, che inevitabilmente lasci. Noi abbiamo un concetto di famiglia molto Mediterraneo, molto, diciamo, Sud europeo. C'è sempre un legame molto forte con la famiglia e con Napoli, che in fondo può essere considerata come una enorme famiglia allargata (huge extended family). D: Che cos'ha Napoli come città e il suo popolo che secondo te non puoi trovare da nessun'altra parte del mondo? R: Direi che l’unicità (uniqueness) è quella di essere riuscita a mettere insieme una storia molto eterogenea (diverse), che ha dato come risultato poi una città che è unica...
Il tempo presente usato al posto del futuro - Usi colloquiali #9 - VIDEO
Ciao a tutti, benvenuti su Podcast Italiano!Trascrizione:https://podcastitaliano.com/podcast-episode/9-il-tempo-presente-usato-al-posto-del-futuroIl mio ebook gratuito, ’50 modi di dire per parlare come un italiano’ Fai una donazione Fai una lezione di italiano su Italki e ricevi 10 $ in crediti Il mio canale YouTube Dai un’occhiata al merchandise (e se compri qualcosa puoi mandarmi una foto per email :D) Facebook Instagram
Il tempo presente usato al posto del futuro – Usi colloquiali #9 – VIDEO
https://youtu.be/sXIcJdHtEeA https://podcastitaliano.com/wp-content/uploads/2018/02/presente-e-futuro-ufficiale.mp3 Download Ciao a tutti, benvenuti su Podcast Italiano, anche oggi sono in compagnia di (joined by) Erika. Oggi parleremo del presente utilizzato al posto del futuro, un fenomeno che succede molto spesso nella lingua colloquiale. Ma partiamo innanzitutto definendo questi due tempi verbali (verb tenses). Che cos’è il presente? Il presente è un tempo che si utilizza per descrivere un’azione che avviene (happens) nel momento in cui si parla. Il futuro invece si utilizza per esprimere un’azione che avverrà in un momento successivo a quello in cui si parla. Queste cose penso che tutti le sappiate, se state capendo quello che diciamo, perché sono cose molto di base (basic). Forse sapete (però forse no) che il presente viene utilizzato molto spesso al posto del futuro. Quindi il tempo presente viene utilizzato per indicare azioni che avverranno nel futuro. Queste avviene, come abbiamo detto, soprattutto nella lingua parlata. E avviene davvero spesso, così spesso che non si può considerare nemmeno un errore. Questo utilizzo viene chiamato “presente pro futuro”. Quando si utilizza il presente in questo modo di solito si accompagna a (is accompanied by) espressioni o avverbi di tempo che diano il senso (convey the meaning of) di azione futura. Facciamo alcuni esempi molto comuni, molto semplici: Domani vado al mare Giovedì ho il dentista (=ho un appuntamento con il dentista) Ad agosto cambio casa Quest’estate mi sposo Tra tre mesi mi laureo (I'm graduating) In tutti questi esempi possiamo sicuramente usare il futuro. Domani andrò al mare Giovedì chiamerò il dentista, ecc. Se conoscete l’inglese (immagino che molti di voi, o quasi tutti, l’abbiano studiato), questo uso è molto simile al present continuous inglese quando viene utilizzato per azioni future, pianificate (planned) Quindi, per esempio, “This summer I’m getting married” (“mi sposo quest’estate”), “I’m moving next august” (“il prossimo agosto mi trasferisco”). Si usa il presente ma si intende un’azione futura. Il presente pro futuro viene utilizzato quando si parla di azioni pianificate o che comunque si è certi che avverranno nel futuro. Quindi NON possiamo dire per esempio: “nel 2030 usiamo solo auto elettriche” - questa è un'ipotesi, non è una certezza né tantomeno (neither is it) un’azione pianificata. Dunque possiamo solo dire: “nel 2030 useremo solo auto elettriche” In alcuni casi si deve usare solo il futuro Ci sono dei casi specifici però in cui il futuro non può essere sostituito (replaced by) dal presente: 1. Per azioni che nel futuro avranno una durata o una ripetizione, spesso per fare promesse e con gli avverbi sempre e mai: - ti amerò per sempre - ci sarà sempre posto per te - non cambierà mai - continueremo a vederci - farà qualsiasi cosa per aiutarti Il presente può naturalmente essere usato con gli avverbi “sempre” e “mai”, però ha un significato diverso. Quindi ad esempio: “Non mi ascolta mai” che vuol dire: “tutte le volte che gli ho parlato non mi ha mai ascoltato, nel passato, e probabilmente continuerà a (non) farlo Se invece dico: “Non mi ascolterà mai” = suppongo che non vorrà mai ascoltarmi 2. Penso/non penso: Un altro caso in cui bisogna necessariamente utilizzare il presente è quando utilizziamo il verbo “penso”, “non penso” oppure “penso che non”. - penso usciremo verso le 5 - penso che non verrà alla festa - penso arriveremo in ritardo - non penso avremo tempo di fermarci (drop by) da Luca 3. Supposizioni E infine quando il futuro ha funzione di fare delle supposizioni: - Avrà 90 anni contati male (roughly - lit. "badly counted) - vuol dire penso che abbia, immagino che abbia 90 anni. Una supposizione. - non sarà neanche italiano - avremo sì e no (also roughly or barely) 50 euro in totale Questo è un uso molto molto comune, che tra l’altro esiste anche in altre lingue come lo spagnolo.
Mi sa che, magari!, ci sta - Usi colloquiali #8
Ciao a tutti, bentornati su Podcast Italiano. In questo episodio di "usi colloquiali" parleremo di alcune espressioni colloquiali che sono "mi sa che", "magari!" e "ci sta".Trascrizione:https://podcastitaliano.com/podcast-episode/8-mi-sa-che-magari-ci-staIl mio ebook gratuito, ’50 modi di dire per parlare come un italiano’ Fai una donazione Fai una lezione di italiano su Italki e ricevi 10 $ in crediti Il mio canale YouTube Dai un’occhiata al merchandise (e se compri qualcosa puoi mandarmi una foto per email :D) Facebook Instagram
Mi sa che, magari!, ci sta – Usi colloquiali #8
https://podcastitaliano.com/wp-content/uploads/2018/02/mi-sa-che-ed-altre.mp3 DOWNLOAD Ciao a tutti, bentornati su Podcast Italiano. In questo episodio di "usi colloquiali" parleremo di alcune espressioni colloquiali che sono "mi sa che", "magari!" e "ci sta". Mi sa che.. Iniziamo da "mi sa che", che come tutte le espressioni che vi propongo è molto usata nel linguaggio colloquiale e in questo caso è molto semplice. "Mi sa che" significa "credo che". Facciamo subito alcuni esempi: "Mi sa che Marco è andato a correre perché non è a casa". "Mi sa che non verrò stasera al cinema, ho troppe cose da fare" "Mi sa che dovremo rinunciare alla nostra gita (give up on our trip, excursion), domani pioverà tutto il giorno" "Mi sa che" quindi significa "credo che", "penso che", "probabilmente..", ecc. Si usa davvero moltissimo ma per qualche motivo è una di quelle espressioni che gli stranieri non usano. Dato che è un'espressione molto comune potete usarla per sembrare più 'italiani' nel vostro modo di parlare. "Mi sa che" si usa sempre alla prima persona e sempre al grado affermativo. Dunque NON possiamo dire "NON mi sa che". Diciamo infatti "mi sa che" e dopo "non", come nel secondo esempio che ho fatto: "Mi sa che non verrò al cinema". Inoltre, il verbo che segue è all'indicativo. Può sembrare strano perché "mi sa che" esprime indeterminatezza (conveys uncertainty) e potremmo aspettarci al congiuntivo, però non è così. Possiamo anche dire "Mi sa di sì", che è come "credo/penso di sì" oppure "Mi sa di no". Inoltre, "Mi sa che" si usa solo alla prima persona. Non possiamo dire "Ti sa che", "Ci sa che", ecc. Solo "mi sa che". Magari! Un'altra parola colloquiale molto comune - e fate attenzione all'intonazione - è "magari!". L'intonazione è molto importante. Penso conosciate il significato principale di "magari", che è simile a "forse", "è probabile che", "è possibile che". "Magari domani andrò al cinema", questo tipo di magari. Però oggi vi voglio parlare però di un uso molto particolare di "magari", un uso sarcastico, per così dire. Come sempre preferisco partire da un esempio prima di spiegarvelo. "Davide, me lo sento (I have a feeling), questa volta vincerai la lotteria e guadagnerai un sacco di soldi" "Ma magari! Gioco sempre e non vinco mai.." "Dicono che il concerto non si farà (won't take place) se non smette di piovere entro mezz'ora. Speriamo che smetta" "Se, magari! Il cielo è tutto grigio! Pioverà tutto il giorno!" "Ti ho sentito cantare e sei davvero bravissimo. Dovresti andare a un talent (show), diventeresti famosissimo!" "Magari!" A proposito, talent è la versione accorciata di "talent show". È un fenomeno comune in italiano, questo "accorciamento" (shortening), e se volete scoprire come mai succede ascoltate l'episodio sugli anglicismi. Dunque, a parte questa "self-promotion", torniamo a 'magari'. Che cosa vorrà mai dire 'magari'? 'Magari' è una contrazione di 'magari fosse così', 'magari succedesse quello che dici tu'. In altre parole, speriamo che vada così, in una certa maniera, ma non nutriamo molte speranze (we don't have high hopes). Non ci crediamo molto. Siamo un po' pessimisti, magari. Oppure semplicemente non sappiamo. Ci sono diverse varianti: "Ma magari!", "See, magari!", "E magari!". Ognuna ha una sfumatura (nuance) leggermente diversa. Vi consiglio di ascoltare come gli italiani usano queste espressioni per coglierle (catch/grasp/get them = capirle). Tra l'altro ripetendo la parola 'magari' così tante volte ha smesso di sembrarmi una parola reale (stopped sounding like a real word), succede anche a voi? 'Magari', sembra una parola finta, falsa. Ci sta Passiamo all'ultima espressione: "ci sta". Questa è abbastanza colloquiale e probabilmente usata soprattutto dalle generazioni più giovani, ma è talmente comune che mi sembra giusto definirla un "uso colloquiale" e non etichettarla (label it) come "slang". facciamo alcuni esempi: "Potremmo mangiarci una pizza stasera, che ne dici?
Qual è la differenza tra "scusa" e "mi dispiace"? - Usi colloquiali #7
Ciao a tutti, bentornati su Podcast Italiano. Trascrizione:https://podcastitaliano.com/podcast-episode/7-qual-e-la-differenza-tra-scusa-e-mi-dispiaceIl mio ebook gratuito, ’50 modi di dire per parlare come un italiano’ Fai una donazione Fai una lezione di italiano su Italki e ricevi 10 $ in crediti Il mio canale YouTube Dai un’occhiata al merchandise (e se compri qualcosa puoi mandarmi una foto per email :D) Facebook Instagram
Qual è la differenza tra “scusa” e “mi dispiace”? – Usi colloquiali #7
https://www.youtube.com/watch?v=mPE2FP-EaM4&feature=youtu.be https://podcastitaliano.com/wp-content/uploads/2018/02/scusa-mi-spiace-audio.mp3 DOWNLOAD Ciao a tutti, bentornati su Podcast Italiano. Anche oggi in compagnia di Erika. Siamo qui per parlarvi di due espressioni molto comuni nella lingua italiana, che sono ‘mi spiace’ e 'scusa', che possono causare alcuni problemi. Preparando questo episodio mi sono accorto che ci sono alcune sfumature che non sono così facili (da cogliere) probabilmente per uno straniero. Partiamo allora dalla differenza principale che esiste tra ‘mi dispiace’ o ‘mi spiace’ e ‘scusa’, che può essere anche ‘scusi’ (forma di rispetto) o ‘mi scusi’, ‘scusatemi’. La differenza principale è che quando dico ‘mi dispiace’ semplicemente esprimo il mio dispiacere (I express my displeasure / sadness/ regret /unhappiness/) per qualcosa che è successo, oppure esprimo compassione o empatia verso chi mi sta ascoltando, mentre quando dico scusa mi sto assumendo le responsabilità o la colpa di qualcosa che ho fatto io. Mi dispiace/spiace Facciamo allora degli esempi, che io ed Erika ci siamo scritti, di come si usano queste parole iniziando da ‘mi dispiace’. - Erika Stamattina sono caduto e mi sono rotto il braccio - Mannaggia (damn!), mi dispiace! -Mio fratello ha perso il portafoglio quando era in vacanza in Spagna e adesso deve rifare tutti i documenti. - Cavolo, che sfortuna, mi spiace! - Domani c'è la mia festa di compleanno, ti va di venire (do you want to come)? - No, guarda, domani lavoro, mi dispiace. In tutti questi casi non abbiamo colpe ma semplicemente proviamo dispiacere. Scusa(mi)/(mi) scusi/scusate(mi) Passiamo invece a ‘scusa’, facendo alcuni esempi: - Scusami Erika, non volevo offenderti, farò più attenzione la prossima volta. - Scusate per il ritardo, non ho sentito la sveglia. - Mi sono comportata male con te, scusami. - Scusi non volevo pestarle il piede (stepped on your foot). Per esempio su un autobus può capitare di scusarsi, magari se spintoniamo (=spingere, to push) per sbaglio (non volontariamente, by mistake) un'altra persona. Possiamo anche aggiungere ‘mi dispiace’ alle nostre scuse quindi dire sia ‘scusa’ sia ‘mi dispiace’ contemporaneamente per rafforzare le nostre scuse. Quindi per esempio possiamo dire: -Scusa, non volevo offenderti. Mi dispiace. -Scusami mi sono comportata male con te, mi dispiace. In alcuni casi quando non è chiaro di chi sia la colpa (it's not clear who's to blame), non è chiaro se io ho colpa oppure il mio comportamento dipende da circostanze esterne possiamo utilizzare sia ‘scusa’ che ‘mi dispiace’. In base a quale dei due scegliamo la nostra frase avrà una sfumatura leggermente diversa perché ‘scusa’ è un’assunzione (=ammissione) di colpe mentre ‘mi dispiace’ come abbiamo detto esprime il nostro dispiacere. Quindi potremmo dire per esempio: - Scusa se ti ho fatto aspettare c'era un sacco di traffico ma anche - Mi spiace per averti fatto aspettare, c'era un sacco di traffico -Scusa, non sapevo che tu e Mary vi foste lasciati (you broke up) che è uguale a -Mi spiace non sapevo che tu e Mary vi foste lasciati -Scusa non ho proprio avuto tempo di farlo -Mi spiace, non ho proprio avuto tempo di farlo Infine ci sono alcuni casi particolari in cui dobbiamo sempre utilizzare la parola ‘scusa’, non si può utilizzare ‘mi dispiace’ in questi casi. Io ed Erika abbiamo individuato alcuni casi (magari ce ne sono altri però credo che questi siano i principali): Casi particolari con 'scusa' - Richiesta di informazioni Il primo è quando chiediamo informazioni, per esempio per la strada ad un passante (passerby, pedestrian) possiamo chiedere: - Scusi, sa dirmi che ora è? - Scusa, sai dirmi come si arriva in centro? In questo modo siamo più gentili. Quando facciamo un errore nel discorso. Quando stiamo parlando potrei per esempio raccontare le mie vacanze dire: - Lo scorso luglio sono andato in Messico, è stato una vacanza davvero bella. No, scusa,
Raffaele Terracciano e la sua esperienza con le lingue, seconda parte - #8
Raffaele Terraciano ci racconta la sua esperienza con le lingue.TrascrizioneIl mio ebook gratuito, ’50 modi di dire per parlare come un italiano’ Fai una donazione Fai una lezione di italiano su Italki e ricevi 10 $ in crediti Il mio canale YouTube Dai un’occhiata al merchandise (e se compri qualcosa puoi mandarmi una foto per email :D) Facebook Instagram
#8: Raffaele Terracciano e la sua esperienza con le lingue, seconda parte
Ciao a tutti, bentornati su Podcast Italiano. Trascrizione:https://podcastitaliano.com/podcast-episode/8-raffaele-terracciano-e-la-sua-esperienza-con-le-lingue-seconda-parteIl mio ebook gratuito, ’50 modi di dire per parlare come un italiano’ Fai una donazione Fai una lezione di italiano su Italki e ricevi 10 $ in crediti Il mio canale YouTube Dai un’occhiata al merchandise (e se compri qualcosa puoi mandarmi una foto per email :D) Facebook Instagram
#8: Raffaele Terracciano e la sua esperienza con le lingue, seconda parte
Ciao a tutti, bentornati su Podcast Italiano. Oggi continuiamo l'intervista a Raffaele Terracciano, che ci racconta il resto delle sue esperienze linguistiche, per chiamarle così. Se non avete ascoltato la prima parte ascoltatela, se no non ha senso ascoltare la seconda. Come sempre la trascrizione intera della nostra chiacchierata la troverete su podcastitaliano.com. Ci siamo lasciati con il giapponese, da cui ripartirà il racconto di Raffaele. Dunque non perdiamoci in chiacchiere (without further ado) e iniziamo subito. Buon ascolto! https://podcastitaliano.com/wp-content/uploads/2018/01/mix-secondo-episodio.mp3 DOWNLOAD R. Il giapponese non ha fondamentalmente legami (ties, links), se non qualche parola presa in prestito dall'inglese o dal portoghese, o anche da altre lingue come il francese e l'Olandese, però è un sistema totalmente nuovo. Questa ulteriore scoperta dopo il tedesco, di sistemi linguistici totalmente diversi che ti costringono a pensare al rovescio (upside down, backwards), letteralmente - nel caso del giapponese - da un lato è stata una spinta. Anche perché chi riesce a parlare il giapponese viene poi visto agli occhi degli altri come una sorta di extraterrestre. Una cosa è dire a qualcuno “parlo lo spagnolo”. “Ah, bene, parli lo spagnolo, mi fa piacere”.. D. ..metti le esse alla fine delle parole (in Italia esiste lo stereotipo per cui lo spagnolo sarebbe una lingua così facile che per parlarla basterebbe aggiungere la esse alla fine delle parole). R. La percezione grosso modo (roughly) è quella. Invece quando dici di poter parlare giapponese, diciamo che l’espressione di stupore (surprise, astonishment) si moltiplica sulla faccia delle persone che ti ascoltano. In realtà, ecco, come il tedesco mi ha insegnato una lezione, che è quella di approcciare le lingue diverse in modo diverso, il giapponese mi ha insegnato un'altra lezione molto importante: che non necessariamente devi puntare alla perfezione (aim at perfection) in una lingua straniera. Quindi magari se per lo spagnolo riusciva abbastanza facile arrivare ad un livello C2, quindi avanzato, in uno stretto arco di tempo (time frame), il giapponese mi ha insegnato esattamente che non è possibile fare questo per tutte le lingue. Ogni lingua ha il suo coefficiente di difficoltà correlato alle tue lingue native e bisogna prenderne atto (acknowledge, take not) e rispettare questo. Quindi ho smesso di cercare la perfezione nelle lingue che imparo e devo dire che questo mi ha aiutato poi con le lingue successive. D. Hai seguito un po’ il principio di Kató Lomb, che diceva che la lingua è l’unica cosa che vale la pena conoscere anche male. Comunque male è meglio di niente. R. Esatto. Anche perché quando aggiungi lingue su lingue, oltre ad imparare le nuove ti si pone il problema (you're faced with the problem of) di mantenere quelle che hai già imparato. Quindi il tempo che devi dedicare alle lingue si moltiplica e nel caso di lingue molto complesse come il giapponese, visto che stiamo parlando giapponese, il “Foreign Service Institute” dice che ci vogliono all'incirca (=circa) 6600 ore (Raffaele si è sbagliato, in realtà sono 2200) per imparare il giapponese ad un livello avanzato che, ad un ritmo di un'ora di studio al giorno - che è grossomodo la mia media, per alcuni può essere poco, ma sono sicuro che per tantissimi sarà un bel po' di tempo - sono all'incirca 18 anni (in realtà sono 6 anni), credo. Adesso non vorrei fare errori.. D. ..tanti. R. .. però ti rendi conto che non puoi imparare tutte le lingue del mondo e che non puoi impararne nemmeno una piccola percentuale, diciamo 20, e tutte ad un livello avanzato. Quindi il giapponese mi ha posto davanti a un bivio (had me at a crossroad): o imparare tante lingue ad un livello medio-intermedio, o comunque principiante-intermedio, o pochissime lingue ad un livello molto avanzato. D. Proseguendo dunque con la tua esperienza nel mondo delle lingue straniere,
Raffaele Terracciano e la sua esperienza con le lingue, prima parte - #7
Oggi vi presento la prima parte di una nuova intervista con Raffaele Terracciano, un poliglotta di Napoli che conosce la bellezza di (as many as) 9 lingue straniere.TrascrizioneIl mio ebook gratuito, ’50 modi di dire per parlare come un italiano’ Fai una donazione Fai una lezione di italiano su Italki e ricevi 10 $ in crediti Il mio canale YouTube Dai un’occhiata al merchandise (e se compri qualcosa puoi mandarmi una foto per email :D) Facebook Instagram
#7: Raffaele Terracciano e la sua esperienza con le lingue, prima parte
Benvenuti su Podcast Italiano! Oggi vi presento la prima parte di una nuova intervista con Raffaele Terracciano, un poliglotta di Napoli che conosce la bellezza di (as many as) 9 lingue straniere.Trascrizione:https://podcastitaliano.com/podcast-episode/7-raffaele-terracciano-e-la-sua-esperienza-con-le-lingue-prima-parteIl mio ebook gratuito, ’50 modi di dire per parlare come un italiano’ Fai una donazione Fai una lezione di italiano su Italki e ricevi 10 $ in crediti Il mio canale YouTube Dai un’occhiata al merchandise (e se compri qualcosa puoi mandarmi una foto per email :D) Facebook Instagram
#7: Raffaele Terracciano e la sua esperienza con le lingue, prima parte
https://podcastitaliano.com/wp-content/uploads/2018/01/intervista-a-raffaele-parte-uno.mp3 DOWNLOAD Benvenuti su Podcast Italiano! Oggi vi presento la prima parte di una nuova intervista con Raffaele Terracciano, un poliglotta di Napoli che conosce la bellezza di (as many as) 9 lingue straniere. Di professione fa la guida turistica, il coach linguistico e collabora con il sito di lingue Italki. Per me è stato davvero un piacere conoscere Raffaele, una persona davvero simpatica, modesta e che non può che sorprendere chi lo senta parlare tutte le lingue straniere che ha appreso nel corso degli anni. Se già non state leggendo la trascrizione questa intervista, vi ricordo che è disponibile sul sito podcastitaliano.com Ho diviso l'intervista in due parti perché durava ben cinquanta minuti. Nella prima parte parliamo della prime 5 lingue straniere che ha imparato. Proseguiremo il percorso linguistico di Raffaele nel prossimo episodio. D.Ciao Raffaele! R. Ciao Davide! D. Volevo innanzitutto ringraziarti per aver acconsentito a questa intervista. È un onore averti qua su podcast italiano: avere un esponente (member) della comunità di poliglotti e uno come te che sa 9 lingue straniere, l'italiano e il napoletano, assolutamente considerabile come lingua, poi ne parleremo. R. Sei troppo gentile! Assolutamente un piacere mio poter fare due chiacchiere con te. D. Volevo iniziare da una domanda abbastanza filosofica, ovvero: “Perché impari le lingue?” R. Oddio, cominciamo subito col botto (with a bang)! D. Partiamo col botto. R. Partiamo forte. Perché imparo le lingue? Imparo le lingue per curiosità. Io credo che il motore di tutto, soprattutto all'inizio, per quel che mi riguarda (as far as I'm concerned) sia stata la curiosità: sin da piccolo sono stato molto curioso sotto diversi aspetti (in many ways), ma in particolare per quanto riguarda le lingue. Quindi, quando mi veniva a trovare mia zia che abitava in Inghilterra e parlava in inglese al telefono con con le amiche o con le colleghe, ero troppo curioso di sapere cosa stessero dicendo e ti di scoprire quei suoni così diversi. Ricordo ad esempio che trovai un vocabolario di spagnolo in una libreria di una cugina e adesso posso confessarlo: rubai quel dizionario di spagnolo, lo portai a casa. D. È passato abbastanza tempo. Non penso ci siano rancori. R. Adesso lo possiamo dire. Credo si sia disintegrato (fell apart) quel dizionario dal tanto tempo che è passato (after all this time). Però sì, questo a dimostrazione che (to prove that, to show that) sono sempre stato molto curioso nei confronti delle lingue e poi con i primi viaggi che ho fatto ho scoperto l'utilità pratica del parlare le lingue, quindi andare in un posto in cui non parlano un'altra lingua che (= a parte) quella locale e trovarsi una situazione in cui non si capisce assolutamente nulla di quello che dicono. Quindi ho sempre voluto colmare questa lacuna (fix this weakness) e quando poi sono rientrato (=ritornato) dai primi viaggi da adolescente ho deciso di cominciare ad imparare le lingue una alla volta. D. Quindi c'è sia un aspetto di curiosità verso un mondo che non conoscevi e un aspetto più pratico: poter usare le lingue in paesi stranieri. R. Sì, credo che imparare le lingue sia il connubio (marriage, combination) di questi due aspetti. Devi avere la curiosità o comunque un motore personale che ti spinga ad imparare le lingue. Per alcuni può essere semplicemente curiosità, per alcuni può essere - non so - la ricerca di un lavoro all'estero, per alcuni può essere il fatto che magari la tua fidanzata è inglese e poi c'è il fattore pratico, ovvero puoi anche studiare per sempre ma se non metti in pratica prima o poi quello che hai imparato rimane... rimangono nozioni teoriche. D. Sterili (useless, unproductive - metaforico). R. Sì e la lingua può essere tutto, le lingue possono essere tutto, ma non possono essere qualcosa di soltanto teorico: per definizione una lingua è un qualcosa di attivo,...